QUANDO «Quando» "When"

Il tempo dell’infanzia non è cronologico. Lo dice Eraclito nel frammento 52. Il tempo, come aión, è un bambino che gioca. Aggiunge che il regno di aión è un regno infantile. Un bambino regna in aión, tempo durata, di immersione, non numerico come il tempo dell’adultità. Il tempo dell’infanzia è il tempo del gioco, della ripetizione, del pensiero. È il tempo dell’arte e dell’esperienza estetica, dell’amicizia e dell’amore.

Il tempo cronologico è il tempo dell’orologio, del calendario, della scienza, delle istituzioni, della scuola, dell’università. È il tempo delle previsioni, dei programmi, dei pronostici. Lì comandano gli adulti. Fanno conti, anticipano, progettano. È il tempo che permette di viaggiare nei mezzi di trasporto, di andare sulla luna, di seguire un trattamento, di ottenere un prestito in una banca. È il tempo della tecnica e della tecnologia.

La filosofia nelle istituzioni è incorniciata in questo tempo cronologico. Così, diciamo che ci sono due ore di filosofia ogni settimana, che la filosofia si insegna negli ultimi anni dell’insegnamento secondario o che gli studi di filosofia durano cinque anni. Anche quello che si pratica della filosofia in una comunità di ricerca entro il contesto di una istituzione scolastica è sottomesso a questo tempo. Tuttavia, il tempo della filosofia come esperienza, il tempo del pensiero filosofico, quello dell’esperienza del pensare è un tempo aionico. Lo dice Socrate a Fedro all’inizio del dialogo che ha questo nome: per pensare c’è bisogno di un tempo libero dai limiti e dai vincoli cronologici. Non si può pensare seriamente quando si ha un tempo limitato, quando si dispone, per esempio, di cinquanta minuti per pensare. Pensare richiede una dimensione temporale diversa da quella dell’orologio.

In questo ultimo senso, si suole anche restringere l’infanzia che pratica la filosofia, quella che si introduce in essa per viverla, a un tempo cronologico. Quando si pensa alle pratiche filosofiche nell’infanzia, si suole pensare a bambine e bambini in età cronologica infantile. Questa è anche la maniera abituale di leggere la filosofia per i bambini, anche nelle comunità di ricerca. Ma questa è solo una delle possibilità. […] Conosciamo anche molti «infanti» di altre età. Così che la pratica infantile della filosofia non è necessariamente una questione di cronologia quanto di modi diversi di sperimentare l’infanzia e, attraverso di essa, la filosofia.

Quando si invitano bambine e bambini, o meglio, gli «infanti» non necessariamente cronologici, alla filosofia, è per loro molto facile entrare nella loro esperienza di pensiero. Si sentono a casa, come giocando. Si lasciano condurre per le sue vie, tessere nelle sue reti, sedurre dalle sue domande. Sì, forse in questo punto si incontrano più chiaramente la filosofia e l’infanzia, nelle domande che costituiscono il cuore della prima e che la seconda sembra gustare tanto. Per questo si può dire che la filosofia è quasi un esercizio di infanzia, tanto come l’infanzia una forma di filosofia. Anche per questo si può dire che la filosofia non necessariamente va a scuola per educare l’infanzia quanto piuttosto che la scuola e quelli che la abitano incontrano la loro infanzia.